Trabocchetti d´Arte
Nell´operare di Rossella Ramanzini si ravvisa un forte legame tra l´ideazione e l´esecuzione, perché la sua idea di arte consiste nella predisposizione e nella sintesi di forme, come ritagli geometrici, matrici stilizzate e profili elementari, e nella successiva ricerca di un metodo combinatorio degli elementi visivi e rappresentativi. La preliminare messa a punto di identiche sagome o silhouette, utili allo sdoppiamento e alla moltiplicazione delle forme, all´alternanza del vuoto e del pieno e al refrain di una gamma limitata di colori acidi, di ascendenza industriale, segna l´incipit del gioco artistico da realizzare, l´eccitazione e l´inizio di una sfida tra le più incerte: l´opera d´arte.
Nell´elaborazione di regole compositive, nelle quali le sovrapposizioni iconiche si accordano all´aritmia di assonanze e dissonanze cromatiche, alla tassellatura di piani e al virtuosismo delle simmetrie speculari, l´esercizio pittorico mima la serialità e le configurazioni del gioco, da quello dell´oca a quello degli scacchi, fino a diventare libera visione ed esperienza percettiva ludica, abbandono momentaneo della bruta realtà. L´arte e il «libero gioco», come titola la mostra bresciana, si riconfermano come le attività tra le più serie e piacevoli che esistono, in quanto creano, alimentano e modificano il rapporto tra l´uomo e l´ambiente, tra la realtà e l´illusione, tra la coscienza di sé e l´alienazione.
Se, da una parte, il gioco permette all´artista di conoscere la materia e le possibilità pittorico-grafiche lavorandole, le permette, cioè, di inventare il mondo del gioco, come afferma il curatore Luigi Meneghelli, tra struttura, capriccio, ordine e divertissement – , dall´altra si richiede al fruitore di smontare la visione e ricostruirla individuandone le tattiche e le strategie possibili di un mondo affettivo e fantastico, carico di dubbi e incertezze sia nella rappresentazione sia nella vita concreta. Ogni opera, infatti, appare provvisoria e priva di soluzioni formali finali, in quanto essa si presenta come fase di ricerca, registrazione temporale di equilibri instabili, pretesa di veridicità rappresentativa, perenne oscillazione ossimorica tra realtà e surrealtà. Inutile nelle opere di quest´artista cercare il senso, l´identità, il movimento e la direzione delle figure stilizzate o dei birilli sospesi nel vuoto, in quanto essi sono soltanto immagini mentali senza alcuno scopo, se non quello dell´indagine possibilistica della rappresentazione. Nel brivido intellettuale che accompagna la relatività del vedere e del vivere, l´artista si diverte a provocare l´inganno ottico, fino a dichiarare indirettamente che l´arte è soltanto ipotesi od ordinamento di imprevedibili trabocchetti, produzione allegorico-simbolica di mondi assurdi e illusori, colmi di stupore e meraviglia visiva.
In questo sentire, la visione non è soltanto ciò che si vede, ma anche la sedimentazione di ciò che si pensa, gioco associativo non solo dello sguardo, ma insieme dell´emozione e della mente. L´artista, attraverso ogni sua opera, pone, quindi, il problema della conoscenza ordinata, del dominio del reale, che le appare troppo enigmatico e assurdo da decifrare. L´arte si presenta, quindi, come compensazione visiva o godimento rassicurante della nozione di combinazione infinita di dati e fatti, disordine e ordine fenomenico di strutture profonde, capaci di fornire il modello del mondo e della realtà a noi sconosciuti.
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Gianpietro Guiotto
Critico d’Arte
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